1.       Cosa si intende per meditazione e quali sono i benefici della pratica?

 

Ci sono tante “scuole di pensiero” sulla meditazione. 

 

Da ragazza ho frequentato dei gruppi di incontro buddisti della tradizione Soka Gakkai, che basano la meditazione sull’insegnamento di Nichiren Daishonin, Budda vissuto nel XIII secolo, che si risvegliò alla legge chiamata “Nam-myoho-renge-kyo”. La metafora del loto (Renge) spiega il concetto della “simultaneità della causa e dell’effetto”: in ogni momento è possibile far emergere il potere della Legge mistica, senza aspettare di diventare perfetti.

 

Ha origini buddiste anche la tradizione Vipassana(“vedere le cose come sono realmente”), la cui pratica, spesso proposta in modalità di “ritiro”, per facilitare l’isolamento, parte dall’osservazione di se stessi per purificare la mente.

 

Oggi l’approccio alla meditazione di tipo laico/occidentale è a volte associata alla Mindfulness. 

Kabat-Zinn, biologo americano di cui esiste un’ampia offerta bibliografica, ha studiato e divulgato questo concetto negli anni ’70, per associarlo a pratiche cliniche di riduzione dello stress. Pare che il nome originale sia stato coniato nel da 1881 da Rhys Davids, un magistrato britannico di base a Ceylon. Avendo studiato la lingua pali, provò a dare una traduzione sintetica (e incompleta) del concetto buddista di sati (memoria del presente, uno dei fattori dell’illuminazione).

Questo tipo di pratica, che ha effetti rilassanti, porta ad una maggiore consapevolezza del momento presente, senza giudizio. Oggi sono numerosi i podcast sull’argomento (io ne ascolto uno in Tedesco, che ho studiato da ragazza, perché lo trovo rilassante).

 

La mia esperienza legata allo Yoga si può riassumere a livello fisico nell’ascolto del respiro, che aiuta a “svuotare” la mente. 

Nel celebre testo Bhagavad Gita c’è un riferimento alla meditazione legato all’isolamento dalla percezione sensoriale esterna, quando Krsna risponde ad Arjuna su quale fosse il “sacrificio più grande”:

“Sigillando le porte del corpo e assorbendo la mente nel cuore, concentrando il respiro vitale (prana) nel cranio, ci si ritrova in meditazione”

Questa affermazione può essere correlata anche al concetto di “Pratyahara“, uno degli otto pilastri dell’Ashtanga Yoga, che spiega il controllo dei sensi (indryia), dell’energia vitale (prana), delle azioni (karma) e della mente (mano).



  1.       Come iniziare a praticare e con quale frequenza bisogna allenarsi per raggiungere dei risultati soddisfacenti? Ci sono dei libri consigliati per abbinare teoria e pratica?

 

Non possiamo parlare di allenamento, e, a livello personale, non condivido i modelli di routine dettati da alcuni programmi, anche se in molti potrebbero trarne giovamento. Ritengo che ritagliarsi uno spazio quotidiano per provare a fare un vero switch off sia semplicemente una sana e positiva abitudine, e che dobbiamo affinare il rapporto con il nostro corpo per capire quando sia il momento migliore per farlo.

Credo di poter dare una visione super partes proprio perché, oltre ad avere sempre avuto un approccio agnostico, ho provato sulla mia pelle le difficoltà nell’avvicinarmi alla meditazione.

Le mie esperienze in gruppo sono state particolari, ma sicuramente molto rilassanti, perché mi sono sempre addormentata dopo pochi minuti. Ne ho parlato con un’amica che stimo tantissimo e che mi aiuta a riequilibrare il mio livello energetico (attività che trovo molto benefica, essendo a contatto con molte persone), e mi ha spiegato che succede anche a lei: alcune persone hanno infatti una “frequenza” più alta e possono mettersi in ascolto direttamente, senza essere guidati. Consiglierò due brevi esercizi per una meditazione facile e piacevole.

Tornando ai benefici dell’ascolto del respiro nella pratica Yoga, vorrei consigliare un testo con degli esercizi pratici: “Pranayama. La dinamica del respiro” di Andre Van Lysebeth (ed. Astrolabio). Con Prana si intende l’energia universale, Yama è il controllo.



  1.       Va bene un qualsiasi spazio domestico?

 

Qualsiasi spazio va bene, in quanto consiglio di chiudere gli occhi. Uno spazio silenzioso e vuoto rende l’attività più facile. Meditare nella natura è sicuramente un privilegio. Van Lysebeth cita delle situazioni con livelli di prana più alto, come ad esempio i grandi laghi o l’oceano. Ache in casa possiamo ricreare un ambiente stimolante, ad esempio spegnendo il condizionatore (che emana aria carica di ioni positivi e saturi, quindi poveri di prana) o scegliendo capi in cotone.

La cosa importante è spegnere i dispositivi. Ciò che rende difficile la pratica di meditazione è la nostra “pop corn brain”, come definita dal professore David Levy: nella vita offline tendiamo a replicare il multitasking digitale. Inoltre corriamo il rischio di diventare dipendenti dalle notifiche del nostro smartphone.

Al di là delle scuole di pensiero, vi consiglio di interrogarvi su quale attività abbia degli effetti calmanti su voi stessi, perché è possibile legare lo stato meditativo (o, più semplicemente, dell’ascolto del sé) al movimento (nello Yoga, con i Saluti al Sole), ma anche ad attività come la ceramica o la calligrafia.

 

 

  1.       Esiste un momento preciso della giornata in cui è preferibile dedicarsi alla pratica?

 

Vi proporrò un esercizio per la mattina, appena svegli.

Sul mio sito Yogassage.it, sto caricando ogni settimana dei nuovi contenuti nella sezione “Yoga corner”. E’ già presente un mini video illustrato sulla “meditazione dei due triangoli”, perfetta per visualizzare il respiro. Potete trarne vantaggio ogni volta che il vostro corpo ve lo richiede, sdraiandovi ad occhi chiusi, portando la mano sinistra sul cuore e la destra sull’ombelico e seguendo ciò che imparato nel video. Troverete presto una pratica di rilassamento guidato (Yoga Nidra) ideale per la sera, prima di addormentarsi.

 

 

  1.       Quali sono gli esercizi di meditazione consigliati a chi è alle prime armi?

 

Ogni mattina inizio la giornata con un mini esercizio per riequilibrare il flusso energetico, che non è da attribuire a nessuna tradizione.

 

La mattina, appena sveglio/a, siediti comodo, con i piedi paralleli appoggiati bene a terra.

Chiudi gli occhi.

Ascolta il tuo respiro naturale.

Seguendo il ritmo del respiro, visualizza l’energia positiva salire dalla terra, attraverso i piedi. La puoi visualizzare associandola a pensieri positivi, idee, buoni propositi, intenzioni, ma anche ricordi felici. 

Visualizza quello che vuoi lasciare andare, come preoccupazioni, pensieri negativi, dolori, paure, e guardali scendere giù, verso terra. Lasciali sprofondare fuori dal corpo.

Continua per tre, cinque, o quindici minuti e prova a sentire il tuo livello energetico a fine pratica.

 

Infine, un consiglio per la pratica Yoga (non esitare a chiedermene altri).

Spegni tutti i dispositivi. Inizia la tua pratica sdraiato in Savasana. Prendi due minuti per entrare in ascolto del tuo respiro e lasciare andare i pensieri. Puoi svolgere l’esercizio di allineamento energetico anche in questa fase.

Fermati dopo l’Om (AUM) iniziale, porta le mani al centro della fronte. Focalizza un’intenzione in particolare (in Sanscrito, Sankalpa) e memorizzala. Immagina che sia conservata nel tuo cuore. Continua a restare connesso al respiro durante la pratica. Se arrivano dei pensieri (capita… come negarlo?), torna a pensare alla tua intenzione e riconnettiti col respiro.

Vivi la pratica senza sfide, come un momento per riconnetterti col tuo corpo e con la tua intenzione, come occasione per apprezzare la convivialità (se pratichi in gruppo o con il tuo insegnante) e per esprimere metta, l’approccio alla gentilezza e all’amore.